ARCADE FIRE: ECCO FINALMENTE “REFLEKTOR”

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Quando, verso i primi giorni di settembre, è stata resa nota l’uscita ufficiale del nuovo album dei canadesi Arcade Fire (gruppo di punta della scena indie-rock) al 29 ottobre (dal titolo “Reflektor”), ho vissuto il periodo intercorrente con un misto di ansia, trepidazione e timore. L’ansia e la trepidazione erano dovuti ai loro lavori passati e alle emozioni che di volta in volta erano riusciti a regalarmi, tre album di grandissimo livello, uno più bello dell'altro, a partire dal loro primo lavoro intitolato “Funeral” (2004), seguito da “Neon Bible” (2007) e “The Suburbs” (2010).

Il timore invece era dettato dalla possibilità che non riuscissero a ripetersi qualitativamente (è dura restare in vetta dopo tanti anni) e sinceramente il singolo che aveva preceduto l'uscita dell'album, intitolato anch'esso “Reflektor”, non mi aveva fatto gridare al miracolo, sembrandomi un po' troppo "dance oriented" per i miei gusti (e per le coordinate stilistiche della band) ed eccessivamente lungo nella durata, come testimoniano i suoi oltre 7 minuti. Come se non bastasse, ad alimentare tale timore, si parlava di album doppio con un numero non eccessivo di canzoni (7 + 6), presumibilmente lunghe come il singolo di lancio.

 

Qualche giorno prima dell’uscita ufficiale sarebbe stato possibile già ascoltare l’intero album in streaming, ma avendo già ordinato i CD dal mio amico Freddy “sulla fiducia”, come faccio spesso nei confronti degli artisti che più ammiro, che senso avrebbe avuto rovinarmi la sorpresa? Ormai si trattava solo di aspettare qualche giorno in più.

 

Eccoli dunque tra le mie mani questi agognati CD1, CD2.

Traccia 1, “Reflektor”. Sarà un mio limite, ma anche riascoltandola più volte, nonostante la presenza di David Bowie ai cori nella parte finale della canzone che le dona quel tocco di classe in più, continua a non farmi impazzire. Dal mio punto di vista, le cose vanno decisamente meglio con la traccia 2, “We Exist”, con un basso elettrico in primo piano che tratteggia sia la linea ritmica che quella melodica, e un bel crescendo corale del ritornello (con la voce di Régine Chassagne che doppia quella del marito Win Butler) tendente all’epico, tratto distintivo e vero marchio di fabbrica del sound degli Arcade Fire. “Flashbulb Eyes” è una traccia piuttosto sperimentale, un “divertissement” dub elettronico dall’andamento ipnotico e circolare che sembra più un riempitivo che altro. “Here Comes The Night Time”, nei suoi oltre 6 minuti di durata, alterna varie soluzioni ritmiche e melodiche, gli strumenti hanno molta libertà e spaziano dal mid-tempo iniziale all’accelerata finale. Un brano che mi ricorda “Kiss of Life” di Peter Gabriel per l’uso massiccio delle percussioni. “Normal Person” alza il tasso rock del disco, un brano che David Bowie avrà apprezzato sicuramente e che ben si sarebbe adattato anche al suo repertorio (lo vedrei bene anche suonato e cantato dai Pixies). “You Already Know” mi ha fatto pensare a Johnny Marr per le belle trame chitarristiche: dunque si tratta di un brano piuttosto classico, ma estremamente gradevole.

“Joan of Arc”, posta in chiusura del CD1, parte tiratissima e “chitarrissima” (di nuovo Pixies?) e ti fa subito entrare nel pezzo con un cantato molto convinto e convincente di Win e un controcanto di Régine, che come spesso accade, riesce sempre a donare un tocco magico ai pezzi degli Arcade Fire. Probabilmente il brano più bello della prima parte.

 

E siamo così al CD2 che si apre con “Here Comes The Night Time Part II” che con la quasi omonima traccia del CD1 di simile ha solo il titolo. È un brano molto lento, intimista, in cui si risentono gli archi in sottofondo che tanta importanza avevano avuto nel sound di “Funeral”, il loro disco d’esordio. Inutile dire che già al primo ascolto ne sono rimasto conquistato. Lo stesso dicasi per “Awful Sound (Oh Eurydice)”, “It’s Never Over (Hey Orpheus) e in generale tutte le canzoni del CD2 che sembrano più centrate e a fuoco di quelle della prima parte (non a caso, tendo ad ascoltarlo molto di più rispetto all’altro), con melodie e arrangiamenti che sembrano destinate a rimanere più a lungo nella memoria (solo il tempo dirà se ho ragione o meno) e a trascinare di più (dovreste vedere mio figlio come inizia a ballare sulle note di “Afterlife”).

 

In conclusione, com’è questo disco degli Arcade Fire? Chi lo reputa un capolavoro, chi una mezza delusione (ho letto in giro recensioni che vanno dal 9 al 6.5 come voto finale). Io sono un po’ di parte perché, come dicevo in apertura, gli Arcade Fire sono probabilmente una delle band che più di ogni altra vorrei vedere suonare dal vivo  e “Funeral” è a mio parere uno dei primi dieci dischi del nuovo millennio. Detto questo, scordandomi il passato e focalizzandomi sul presente, il mio giudizio finale è il seguente: per il coraggio mostrato nel non volere campare di rendita proponendo lo stesso sound all’infinito e volendo dunque inserire nuovi elementi nel loro stile, meritano senza dubbio un grande apprezzamento. Maggiore giovamento al giudizio complessivo avrebbe forse apportato un minutaggio un po’ ridotto dell’intera opera, proponendo una scaletta formata dal CD2 in toto (8.5) e dalla metà dei brani del CD1 (6.5). La media voto è dunque fatta…

 

http://arcadefire.com/reflektorpreorder/eu/



About the author

SimoneMoretti

Graduated in Political Science at the University "Cesare Alfieri" of Florence, I worked with Deluxe Digital Studios for over 12 years. I worked in various capacities in the Translation Scheduling Coordination Department, starting as Scheduling Coordinator and rising through the department to Assistant Supervisor. Currently a freelance translator specialized in…

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