Appena qualche nota di synth, una bellissima voce femminile (Katie Stelmanis) di cui s'intuiscono fin da subito i tratti distintivi in quanto a timbro ed estensione (alla Lisa Gerrard, tanto per capirsi), ed eccoci immersi nell’ipnotico brano "Darken Her Horse", posto in apertura dell’album d'esordio degli Austra intitolato "Feel It Break" (2011). Finisci di ascoltare il brano suddetto e ti chiedi: "Troppo bello per essere vero, ma come sarà il resto"? Il resto arriva subito dopo e la canzone numero 2, "Lose It", ti rassicura che la traccia precedente non è stato un fuoco di paglia e, se possibile, rafforza le sensazioni positive: una specie di formicolio alla Spiderman ti avverte che stai assistendo a qualcosa di bello. Anzi, non capisci proprio perché una canzone così non sia mai diventata un tormentone delle radio nel 2011! Ma non c’è tempo per adagiarsi sugli allori. Volete qualcosa di più dark ed elaborato? Passate alla traccia numero 4, “Beat And The Pulse”, dove un tappeto ritmico elettronico volutamente ossessivo crea la suspense giusta per l’ingresso della voce di Kate che avviene soltanto dopo al minuto 1:40”.
Dream pop, Synth pop, chiamatelo come vi pare, ma coloro che portano ancora il lutto al braccio per la fine degli Ultravox e degli Eurythmics (e in generale per un certo sound anni '80), con questo album hanno potuto tirare un sospiro di sollievo.
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La band canadese ha dato seguito a questo album nel giugno 2013 con "Olympia" (non l'ho ancora ascoltato, lo confesso) che per alcuni critici non avrebbe fatto altro che confermare la bontà della proposta musicale dell'album di esordio, per altri li avrebbe un po' allontanati da quelle sonorità, portandoli in territori più dance, house-music. Nel dubbio, non resta che ascoltarli di nuovo, io mi fido degli Austra (il cui nome è ispirato alla dea della luce nella mitologia lettone, diciamolo a beneficio dei più curiosi).