Da ormai tre anni, il popolo siriano si è trovato catapultato all'inferno. Sono passati 34 mesi di scontri senza sosta... e la pace si allontana ogni giorno di più. A seconda dell'area del paese presa in considerazione, la popolazione civile ha resistito - e continua a farlo, sopportando ogni tipo di deprivazione e ingiustizia: la mancanza dei servizi più elementari, la fame, gli attacchi chimici e le esecuzioni sommarie, solo per citarne alcune. Spesso non riesco nemmeno a finire di leggere gli articoli che raccontano la Guerra Civile Siriana, il senso di colpa mi opprime, le immagini delle atrocità commesse da ambo le parti sono un pugno allo stomaco. Mi sento colpevole, colpevole di non trovarmi in una situazione simile, fortunato nel vivere in un paese che potrebbe - e dovrebbe - fare di più, per salvare vite umane.
Questo non è un articolo politico. Ho ovviamente una mia idea sulla situazione, ma non è il momento di schierarsi con un gruppo o con l'altro, esaltandone i meriti ed omettendone le atrocità. Questo articolo è invece un appello diretto al popolo siriano, a tutti quelli che non imbracciano un'arma, ma stanno comunque soffrendo per questa guerra senza fine, senza averne responsabilità alcuna. La situazione in Siria non potrebbe essere più complessa, e proprio a causa di questa complessità, è difficile intervenire dall'esterno. Ci sono troppo forze in gioco, e mentre la Comunità Internazionale sta ferma, incapace di arrivare ad un compromesso che metta fine alle barbarie, innocenti siriani continuano a essere uccisi, ogni giorno. Non sappiamo nemmeno quante persone abbiano già perso la vita (almeno 100,000), ma siamo sicuri che le vittime sono destinate ad aumentare, se non si interverrà.
Sono stato in Siria nel 2006. Durante il mio viaggio ho visitato la vibrante città di Homs. Non esiste più. Sono passato attraverso la bellissima Hama. Non esiste più. Non sono riuscito a raggiungere la magnifica Aleppo, e me ne pento, perché adesso non esiste più. Non ho notizie delle fantastiche persone che ho incontrato durante il mio viaggio, nemmeno se siano vivi o meno. Mi sento totalmente impotente rispetto a questo situazione, e non c'è nulla che possa fare, nulla che possa avere un impatto diretto sul conflitto. Posso però usare la mia abilità con i social media per far conoscere al mondo le drammatiche condizioni del popolo siriano, nella speranza che altri scrittori seguano il mio appello. Se ognuno scrivesse un blog per supportare la popolazione siriana contro le ingiustizie che sono costretti a sopportare, forse gli uomini al potere sarebbero costretti a fare di più per raggiungere una pace. Se ognuno si unisse a me in questa campagna mediatica incentrata sul fermare queste atrocità, forse le violenze cesserebbero. Se ognuno condividesse sui social media la sua speranza di pace, forse potremmo evitare che altre persone perdano la vita. Come ho scritto in uno dei miei articoli precedenti: "Abbiamo un obbligo morale verso il popolo siriano e i loro discendenti, dobbiamo fare tutto ciò in nostro potere per aiutarli."
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Giacomo Cresti
Senior Editor Annex Press
Film Annex
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(Traduzione dall'inglese a cura di Nadea Translations)