Introduzione: Quando due cose si uniscono, producono un suono. E il nuovo suono di Cultural Collision, l'ultimo album della rocker afgano-americana Fereshta, si fa sentire in tutto il mondo.
Dopo che Fereshta e la sua musica mi sono state presentate dall'attore di Hollywood Fahim Fazli, sentivo di doverne sapere di più.
Cultural Collision è stato registrato lo scorso anno a Rio de Jainero e mostra la bellezza che si produce quando un'artista di talento fa "collidere" nella musica diverse grandi cultore. Prodotto dal vincitore del Grammy Award Alan Sanderson e dall'acclamato cantante e cantautore Zach Ashton, l'album unisce l'amore di Fereshta per il rock 'n roll americano con le sue radici afgane, l'autentico groove brasiliano, il suono dei migliori suonatori di rubabرُباب al mondo, e molto altro.
È difficile attribuire una categoria a Fereshta e alla sua musica, che sta diventando popolare sia nei canali del rock alternativo che in quelli più mainstream. La maggior parte dei critici musicali non sono riusciti nel tentativo di definire la sua musica, dato che deriva da un ampio collage di influenze personali e globali. Una cosa è però sicura - nessuno confonde la musica di Fereshta con il più tipico genere "new age" o “world music”. La sua musica è molto più tagliente e ascoltabile. Fereshta si muove con facilità fra musica alternativa, hard rock, musica internazionale, afgana, nonché ritmi classici e ritmati.
Poetessa eclettica e scrittrice di testi, Fereshta trae la sua ispirazione da artisti che spaziano da Jim Morrison e i The Doors al gruppo trash metal Overkill ed il suo cantante Bobby Blitz. Alcuni critici musicali hanno paragonato favorevolmente il suo sound a quello di ZZ Ward, KT Tunstall, e Heather Nova. Altri vedono tracce di Nirvana, Cream, Jimi Hendrix, PJ Harvey, The Black Keys e un misto di artisti indiani. Ma nessuno ha ancora classificato lo stile musicale di Fereshta e potrebbe essere impossibile farlo. Il suo stile musicale è completamente unico.
LA FUGA DALL'AFGHANISTAN COMUNISTA
Fereshta è nata in Afghanistan nel corso dell'occupazione sovietica. Prima dell'invasione sovietica del 1979 i suoi genitori, che avevano completato l'istruzione universitaria, vivevano una vita relativamente spensierata e felice. Gli anni 70 erano un'epoca di libertà, scoperta e tolleranza per la maggior parte degli afgani. Le tradizioni secolari rimanevano, ma molti afgani potevano godere di vestiti occidentali, musica, film e cultura, adattandoli a seconda dei casi allo stile afgano.
La madre di Fereshta, Rebecca, giocava nella squadra femminile di basket all'università di Kabul. Suo padre Rabani e i suoi amici suonavano i loro strumenti afgani - armonio, tabla e rubab - sulle loro motociclette, per poi andare in giro con studenti europei e turisti che si godevano le loro vacanze nella campagna afgana. La vita era buona e migliorava sempre di più.
Ma le cose cambiarono rapidamente per la giovane Fereshta e la sua famiglia in seguito al'invasione sovietica. Se un cittadino afgano attirava l'attenzione dei sovietici, in genere c'erano soltanto tre alternative: unirsi al partito Comunista, andare in galera o venire uccisi. La madre di Fereshta, una donna forte e istruita, parlò con ardore contro il nuovo regime e fu presa di mira per la "rieducazione". Due dei suoi zii furono imprigionati per essersi rifiutati di unirsi al Partito. Ogni giorno sul luogo di lavoro di suo padre passava un auto del governo, chiamava alcuni nuovi e portava via alcune persone per "interrogarli". La maggior parte non venivano riviste mai più e Rabani sapeva che un giorno sarebbe venuto il suo turno.
I genitori di Fereshta si rifiutarono ostinatamente di unirsi al Partito Comunista e quindi furono costretti a scappare dall'Afghanistan per non dover affrontare la prigione o, peggio, la morte. Lasciatisi quasi tutto alle spalle, si vestirono come poveri venditori in vestiti tribali e trafugarono la propria famiglia - inclusa la piccola Fereshta - in un pericoloso percorso di otto giorni attraverso le montagne del Pakistan. Furono inseguiti lungo la via sia dagli elicotteri sovietici che da varie fazioni mujahedin, ma alla fine arrivarono sani e salvi a Karachi. Quattordici mesi dopo, sponsorizzati da una chiesa battista, arrivarono in America come rifugiati con poco più che i vestiti che indossavano, poche valigie ed il loro amore gli uni per gli altri. La chiesa diede alla piccola Fereshta un letto e aiutò i suoi genitori a iniziare la terribile impresa di ricominciare.
NUOVA VITA, NUOVE PASSIONI
La famiglia di Fereshta alla fine cominciò una nuova vita in Virginia, dove scoprì gioia, liberazione e guarigione nella musica rock. Iniziò a combinare la sua poesia con questo nuovo stile musicale, che non aveva mai sentito prima ma di cui si innamorò istantaneamente. La prima canzone rock di cui Fereshta si ricorda è "My Sharona" dei The Knacks. Dopodiché fu completamente assorbita dalla rock ' roll e non si guardò mai indietro.
Fereshta alla fine venne attratta dalla musica e dalla cultura artistica bohémienne della California del Sud. Si trasferì a Los Angeles, dove fiorì rapidamente, da quello che che lei stessa definisce un'"introversa ragazza poeta" a una popolare musicista rock con la propria band ed il proprio sound. Pubblicò il proprio album di debutto nel 2011, Global Citizen, che fu acclamato dalla critica. La sua popolaritá nelle radio del college e del circuito rock l'alternativo portò al suo secondo album, Cultural Collision, nel 2013.
Fereshta possiede quello che gli afgani chiamano un dil-e kalaan, un 'grande cuore'. È un'attiva pacifista ed è nota per il suo sostegno a una grande varietá di cause caritatevoli. Ha dedicato una parte dei suoi guadagni netti provenienti da Cultural Collision al Half The Sky Movement, una delle organizzazioni di beneficenza che preferisce, che si occupa di istruzione femminile. Sound Central Festival(il primo festival rock dell'Afghanistan), Combat Apathy, il Central Asia Institute, e altri.
Come potete aspettarvi da una poetessa rock multilingue, Fereshta si esprime in parole vivide e frasi che restano impresse nella mente, come le percussioni di una buona canzone. Una delle mie preferite è quella che lei chiama 'amore feroce' - un tema che sembra attraversare tutto ciò che fa.
Ma lasciamo che sia Fereshta stessa a raccontarci il resto.
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Fereshta parla qui di seguito con Edward Zellem, autore dei pluripremiati libri Zarbul Masalha: 151 Afghan Dari Proverbs e Afghan Proverbs Illustrated.
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COLLISIONI CULTURALI IN BRASILE
Film Annex: Il tuo ultimo album Cultural Collision (2013) è stato registrato in Brasile. Si tratta di una fantastica "collisione" di ritmi afgani e brasiliani con uno stile rock and roll americano. Che cos'hanno in comune musica afgana e americana?
Fereshta: Grazie! Volevo davvero realizzare un disco che rappresentasse a livello sonoro la mia convinzione per cui le culture possono "collidere" in un modo bello e potente. Volevo mostrare che possiamo, come famiglia di esseri umani, celebrare la nostra diversitá, onorare l'ereditá individuale di ciascuno e farci arricchire mischiando i nostri doni migliori per creare un insieme più ampio.
Rispettando la bellezza di ogni nazionalità ed abbracciando il buono in ogni cultura, possiamo trovare terreno comune per coesistere pacificamente su questo pianeta. Questo è il mio desiderio più grande per il mondo. Se saremo in grado di scoprire le nostre somiglianze a scapito delle differenze, è probabile che sceglieremo di prenderci cura gli uni degli altri.
FA: Perché il Brasile?
F: Guardandomi indietro, il Brasile è stato il posto perfetto per realizzare Cultural Collision. La gente è incredibilmente espansiva. Fanno presto ad includerti in tutto quello che fanno e a farti sentire parte della famiglia, cosa che ho apprezzato molto.
Ciò che mi ha ispirato di più è stato constatare come la musica faccia parte della loro vita quotidiana, quanto sia impressa nella loro ereditá culturale. Questo per me è il terreno in comune fra musica afgana e musica brasiliana. Entrambe le culture vivono e respirano musica. È nelle loro vene, è stato trasmesso da generazione a generazione, porta loro una gioia inesprimibile ed è il modo in cui si connettono gli uni con gli altri su un livello profondo e spirituale. Mi sono sentita a casa e mi è piaciuto immensamente.
FA: Com'è stato lavorare a Cultural Collision con un produttore che ha vinto il Frammy Award, Alan Sanderson?
F: Alan e io ci siamo incontrati qualche anno fa, quando avevo bisogno di fare alcuni cambiamenti ai mix di Global Citizen. Siamo andati molto d'accordo, così tanto che quando si è trattato di realizzare il mio secondo disco è stato la mia prima è ultima scelta. Quando l'ho contattato, si trovava in Brasile. Ho adorato l'idea di portare l'ereditá di un altro paese nella mia musica e ho pensato che sarebbe stata una grande opportunitá di lavorar con lui e con musicisti di talento che aveva più volte lodato. Non è nemmeno stato male passare tre settimane a Rio de Janeiro!
I MODELLI DI FERESHTA
FA: Hai detto che una delle cose a cui ti ispiri la musica dei The Doors. Hai addirittura scelto di tenere l'evento per l'uscita del tuo CD Cultural Collision al The Roxy, uno dei luoghi più famosi collegati a Jim Morrison sul Sunset Strip.
Che cosa ti piace tanto dei The Doors?
F: Non saprei da che parte incominciare. Graham Greene ha detto, una volta, “C'è sempre un momento, nella tua infanzia, in cui si apre una porta e fa entrare il tuo futuro.” Jim Morrison è stato per me quella porta. Mi sento collegata a lui in modo profondo. Era prima di tutto un poeta. Non aveva una formazione musicale. Era molto a sinistra riaspetto allo status quo del periodo, eppure era proprio quello il suo fascino, il suo potere, la sua capacità di attrazione. L'ho apprezzato come poeta e come mistico e mi sono innamorata della sua umida voce da baritono e del suo sottile magnetismo. Trasudava un'intelligenza che non sarebbe stata necessariamente rispettata a quei tempi, ma che per me era innegabile.
Da teenager che stava iniziando ad essere consapevole del mondo che la circondava, ho iniziato ad apprezzare artisti che si occupavano di critiche politiche e sociali in modo così poco dispiaciuto. Era una forte influenza, per me. Alludeva a una sovranità che era possibile ottenere solo come artista e questo mi ha profondamente motivato.
I The Doors hanno accompagnato in me una nuova consapevolezza per le possibilità della musica di essere profonda, esoterica, ricca, diversa e anche controversa. Avevano inoltre nella propria musica una profonda commistione di influenze diverse: c'era una fusione in essa. Ho trovato davvero emozionante la loro capacità di superare i generi, di non avere limiti nelle loro creazioni comuni. Potevano spaziare da un rock 'n roll paludoso e dalle tinte blues per arrivare ad una protesta globale e poetica ai ricchi panorami cinematografici, tutto in un solo disco. Ho apprezzato questo tipo di libertà, questo tipo di espressione del sé fluida e libera da qualsiasi ostacolo.
FA: In che modo la musica dei The Doors ha influenzato la tua?
F: Se devo dire la verità, ha plasmato la mia idea di come debbano essere le dinamiche di un gruppo. Jim Morrison era prima di tutto un poeta ed uno scrittore di testi e non se ne preoccupava minimamente. I membri della sua band erano veri musicisti che erano abbastanza talentuosi da sentirlo cantare e da riuscire a creare un panorama musicale fantastico intorno a ciò che stava facendo. Lui aveva bisogno di loro quanto loro avevano bisogno di lui.
Io lavoro più o meno allo stesso modo. Mi siedo al tavolino con i testi ed una melodia che mi emoziona e tutti gli altri lavorano intorno a me, per dipingere il panorama che possa davvero compiere il messaggio della canzone. Ho bisogno di loro quanto loro hanno bisogno di me. Questa sinergia - l'abilità di fondere le nostre forze - di rispettarci gli uni con gli altri - di riconoscere nel profondo, dentro di sé, la forza del gruppo - è stata per me una potente forma di educazione, e l'ho ricevuta tramite i The Doors.
RIGUARDO ALL'AFGHANISTAN
FA: Nel singolo e music video tratto da Cultural Collision, “Global Nation,” canti: “L'unica strada è verità e amore, l'unica strada è compassione... l'unico modo in cui diventeremo una vera nazione globale.”
Cosa può fare la diaspora afgana per promuovere la causa della pace e della sicurezza in Afghanistan?
F: Beh, possono fare tantissimo. Quando ho letto che un terzo della popolazione afgana ha lasciato l'Afghanistan durante la guerra sovietica, ho realizzato che quelli che potevano permettersi di scappare - che costava il salario di un anno di lavoro, ai tempi - erano gli insegnanti, gli scienziati, gli officiali governativi, i leader e gli innovatori del paese.
Anche se non penso che sia giusto chiedere alle persone di affrontare le difficoltà di un eventuale ritorno, credo che tutti noi possiamo usare i nostri doni per portare avanti la causa pacifista. Ogni contributo sarà unico, proprio come la persona interessata. Non posso parlare del modo in cui ciascuno potrebbe contribuire, ma credo proprio che siamo idonei e pronti ad avere un effetto positivo sul futuro della nostra patria e che ciascuno può farlo nel modo che gli suggerisce il proprio cuore.
LA MUSICA
FA: È risaputo che i Talebani hanno reso quasi illegale la musica quando erano al potere. Le persone che suonavano o ascoltavano musica venivano duramente punite. Cosa diresti a qualcuno che dichiara che non dovresti fare musica?
F: L'Afghanistan è un paese con una storia molto ricca di musica e poesia. È l'eredità dei nostri antenati. È un elemento molto importante della nostra spiritualità. È ciò che risveglia i nostri spiriti, pompa sangue nei nostri cuori e ci fa sentire collegati con gioia gli uni con gli altri. È nel nostro sangue e nessuno può portarcelo via.
Inoltre credo che dovremmo tutti comportarci in un modo che consenta agli altri di sentirsi liberi. Nessuno può censurare la tua anima e chiunque ci provi si limita ad esporre le proprie paure e la propria oppressione personale. È molto semplice.
La proiezione può essere molto sovversiva, così ho imparato. Se le persone vivono in uno stato di oppressione personale, saranno a disagio in presenza dell' espressione personale. Non è che i musicisti facciano qualcosa di male, la responsabilità sta nella visione controllata che gli altri hanno di sé stessi. Vedere libertà negli altri li fa sentire a disagio o spaventati. Invece di guardare dentro di sé e cercare di capire perché abbiano questa reazione, decidono di controllare gli altri in un gioco elusivo. Se pensi di poter controllare variabili esterne per trovare la pace interiore, ti sta sfuggendo il significato intrinseco di pace interiore!
Creare musica è un'esperienza molto spirituale e può connetterti profondamente con la sfera del divino. Se a qualcuno non importa, sono affari loro, ma non penso che dovrebbero diventare i "manager generali dell'universo" e dire agli altri ciò che devono fare!
FA: Humayoun Sakhi, da molti ritenuto il più grande artista classico di rubab, ti ha sostenuto in Cultural Collision. Com' stato lavorare con lui? Farai un tour o collaborerai con altri musicisti afgani di prima classe?
F: È stato un onore incredibile lavorare con Humayoun Sakhi. È un famoso suonatore di rubab ed un essere umano incredibilmente gentile. Ha registrato le sue parti nella California del Nord quando noi stavamo a Rio, quindi purtroppo non ho avuto la possibilità di lavorare con lui in studio. Ma ha fatto un lavoro stellare e sono davvero grata di aver potuto avere il suo fantastico lavoro nel mio disco.
Mi piacerebbe di certo collaborare con altri musicisti di prim'ordine afgani. Sto lavorando ad un paio di idee, quindi vedremo cosa salterà fuori
Soprattutto mi piacerebbe continuare ad invitare culture diverse nella mia musica. Ho il sogno di registrare ogni disco in un paese diverso, permettendo ai loro strumenti e alle loro bellissime sfumature di permeare in modo organico le mie canzoni. Una co-creazione del genere è un'esperienza davvero ricca. E, se devo dire la verità, il risultato è sempre migliore di quanto avevo pensato inizialmente!
LE DONNE REGGONO “METÀ DEL CIELO”
FA: Nel tuo singolo ‘Year Zero’ canti, “Non ti lascerò riportarci all'Anno Zero... le donne reggono metà del cielo.” Alcuni lo hanno definito un classico inno di protesta, addirittura controverso. Parlaci di questa canzone e del tuo sostegno all'Half the Sky Movement.
F: ‘Year Zero’ è frutto del grido del mio cuore in risposta a tutto ciò che ho visto accadere in Afghanistan. È sicuramente un inno di protesta, ma non in un modo ribelle e militante. Parla di proteggere ciò che è sacro nel modo più affettuoso e determinato possibile. È una chiamat all'azione, perché siamo perfettamente consapevoli di ciò che abbiamo perso. Non possiamo permetterci di perdere altro.
Sin da quando ero piccola, ho visto foto dei miei genitori in Afghanistan negli anni '70, in cui sembravano davvero in pace e liberi. E stiamo parlando di pantaloni a zampa di elefante, giacche di pelle e minigonne. Motociclette con armonium e tabla sulla schiena, grandi sorrisi sui volti di ragazzi goffi che però trasudavano speranza e motivazione.
Nel corso delle ultime decadi, tuttavia, quando vedo fotografie delle macerie sulle quali un tempo sorgevano alberi e casa, o di donne che chiedono l'elemosina nelle strade perché non è loro permesso andare a lavoro, o dei pericoli che affrontano le ragazze andando a scuola, vedo un paese che è stato decimato da diverse guerre, dal fondamentalismo, dall'ignoranza e dalla povertà. Di fronte a così tante avversità, a volte il nostro amore deve essere feroce. Bisogna lottare per ciò che è giusto e farlo in maniera così forte da incendiare i cuori delle masse verso un'azione giusta e compassionevole.
Inoltre sono stata davvero commossa da Half The Sky (un libro e documentario) e dal lavoro di Nicholas Kristof e sua moglie Sheryl WuDunn. Sono andati in questi paesi per portare alla luce la cause per cui le donne vengono trattate in modo così orrendo. Ovviamente si tratta di questioni complesse, collegate a cose diverse come cultura, tradizione, superstizione, disinformazione, paura, povertà, etc., ma comprendere le questioni che sono alla base dei problemi è il modo di incominciare a trovare delle possibili soluzioni.
Adoro il loro lavoro nel trasformare l'oppressione in opportunità per le donne e volevo sostenerli attraverso la mia musica.
MUSICA E PROVERBI AFGANI
FA: Molti proverbi afgani suonano come testi o addirittura titoli di canzoni. Qual'è il tuo proverbio afgano preferito? Hai mai pensato a inserirne uno in una tua canzone?
F: Il mio preferito è: پشت هر تاریکی، روشنی است Pusht-e har taareekee, roshanee ast. Significa, “Dopo ogni oscurità, c'è la luce.” E sono felice di vedere che si trova anche nel tuo libro!
Questo proverbio afgano mi colpisce particolarmente, sia nella mia vita personale sia come promessa per tutta l'umanità. Gli afgani, in particolare, hanno attraversato sofferenza e dolore grandissimi negli ultimi trent'anni. Quantità di traumi di cui è impossibile parlare, di oscurità, di perdita al di là della nostra comprensione, nel mondo "industrializzato". Gli afgani desiderano disperatamente la pace, nelle loro vite e nelle vite dei loro figli, e meritano il nostro impegno, adesso. Quelli di noi che sono nati in guerra sono diventati attivisti e pacifisti, impegnati nella raccolta di risorse e nel tener desta l'attenzione delle masse dietro ai veri movimenti pacifisti. Credo davvero che dalla terra di questa tragedia, nascano degli eroi e che costoro siano la luce dopo tutta quest'oscurità. Forse scriverò una canzone su questo argomento!
COS'ASPETTA FERESHTA
FA: Come si è evoluta la tua musica dal tuo album di debutto Global Citizen nel 2011?
F: Global Citizen parlava di me che esco allo scoperto, con tutte le mie influenze musicali e una presa di posizione fortemente rock 'n roll. Stavo praticamente imparando a cantare, a scrivere canzoni, a trovare la mia voce come artista. Ero molto imbarazzata, insicura di quello che stavo facendo, ma comunque intenzionata a buttarmi! È facile sentirsi forti e coraggiosi con un'aria da spaccone rock 'n roll.
Quell'album mi ha aiutato a sconfiggere molte delle mie paure e dubbi sull'essere una cantante. Ecco ciò che provo guardandomi indietro. Mi ha permesso di entrare nel ring, e per questo sono riconoscente.
Però sento di essermi evoluta nel corso degli anni fra questi due album. Ho avuto delle esperienzi di vita personale che hanno cambiato la traiettoria della mia scrittura, ad esempio. A causa di queste esperienze mi sono sentita costretta a ospitare più critica sociale e politica nella mia musica. SI tratta dell'evoluzione naturale che accade per tutti gli artisti nel tempo, stare a mio agio nella mia pelle, trovare la mia voce ed il mio sound personale, immergermi nelle questioni che sono più importanti per me, e svelare un po' più della mia anima, ogni volta.
FA: Dove è possibile trovare ed ascoltare la tua musica? Che cosa aspetta Fereshta nel 2014?
Si trova tutto sul mio sito internet: http://www.fereshta.com/.
Per quanto riguarda il futuro, mi sto preparando ad un paio di avventure nel corso di quest'anno. Lavoro sempre sulle canzoni, quindi so che un nuovo album arriverà sicuramente nel 2014. Sono anche emozionata all'idea di unire le mie forze e parlare, scrivere e cantare per organizzazioni come International Orphan Care, Mountain 2 Mountain, e Combat Apathy che stanno facendo un lavoro straordinario per portare pace, uguaglianza ed istruzione alla popolazione dell'Afghanistan.
Ho appena ricevuto la notizia che il mio libro è stato accettato, quindi per me si apre un progetto completamente nuovo! Sono motivata a condividere la mia storia e a gettare luce sull'importanza dell'istruzione per i bambini di guerra. Sono l'altro lato della medaglia di ciò che si sente nei notiziari. Sappiamo tutti quali sono i problemi e sono orgogliosa di essere una prova vivente della soluzione - l'istruzione.
Inoltre è stato approvato un sussidio che auspicavo fortemente, che mi permetterà di tornare in Afghanistan e di insegnare a comporre canzoni come progetto di guarigione per i giovani afgani. Sicuramente condividerò con tutti voi gli aggiornamenti sullo sviluppo di questo progetto e terrò al corrente i miei fan su http://www.fereshta.com/.
FA: Se dovessi riassumere in poche frasi i messaggi di Cultural Collision, che cosa diresti?
F: Che insieme siamo meglio che divisi. Come tutti sappiamo, il motto "dividi e conquista" non ha funzionato per migliaia di anni. Unifica e prospera è il nuovo paradigma di cui abbiamo bisogno se abbiamo intenzione di sopravvivere come famiglia umana
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Collegamenti alla musica di Fereshta e molto altro sono disponibili suhttp://www.fereshta.com. Una parte dei guadagni netti di Cultural Collision verranno donati in sostegno a Half The Sky Movement.
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