Ogni anno gli americani amano abbandonarsi alle sinistre festività di Ottobre e quando Halloween arriva, l'atmosfera è ormai più sexy che sinistra. I costumi di Halloween danno modo agli adulti di buttare via dalla finestra le normali regole di abbigliamento. Per le donne, ciò include anche il pudore. È l'unico giorno dell'anno in cui la tua migliore amica può vestirsi con della carta igienica ed affermare di essere un "sexy fantasma" senza che tu sia obbligata a spiegarle che sta praticamente girando nuda. Comunque, è chiaro che quando Halloween arriva, puntualmente arrivano anche gli sguardi basiti di molti, alla vista degli abiti succinti indossati da donne e uomini.
Stavo girovagando in un negozio di costumi per Halloween quando ho sentito di sfuggita il discorso di un paio di ragazze. "Non voglio un costume sexy perché non sono una sgualdrina e non sto di certo pianificando di fare la troia, stanotte", esclamò a voce alta una all'altra, in tono sarcastico. Quest'espressione era sconcertante. In una sola frase, la ragazza aveva implicitamente offeso molte delle clienti del negozio, oltre ad aver "slut-shamed" milioni di donne. Lo slut-shaming è l'atto di ridicolizzare qualcuno per la sua (supposta) promiscuità, oppure quello di farlo sentire inferiore per alcuni suoi comportamenti che deviano da quel che ci si aspetta tradizionalmente dal suo genere sessuale.
Ora, parlare di slut-shaming non è certo una novità, ma non per questo si tratta di un tema da ignorare e dimenticare. L'anno scorso, due adolescenti, Felicia Garcia e Amanda Todd furono vittima di bullismo e slut-shaming, fino al condurle al suicidio. Ciò accese la discussione sul fenomeno dello slut-shaming su ogni tipo di piattaforma, blog, vblog e giornali che fossero, facendo luce sul fatto che è da ignoranti pensare che se una donna sia vestita in un certo modo, sia anche da incolpare per qualsiasi tipo di molestia subita. C'è l'idea che se una ragazza indossi una minigonna o sfoggi il décolletè, debba essere vista come un oggetto di cui approfittarsi. La propaganda su internet ha cercato di porre rimedio a questa mentalità usando immagini e loghi (che sono poi diventati virali sui social network) riportanti frasi come "Le cause dello stupro: gli stupratori", ponendo così attenzione sul problema del bullismo e dello slut-shaming. (E se posso, vorrei aggiungere che quest'articolo non va preso come il solito "sbraitare femminista", questo è un blog a riguardo del problema più che rilevante e visibile dello slut-shaming in correlazione ad Halloween e ai recenti sviluppi della cultura pop.) L'attenzione che i social network hanno portato sull'argomento dello slut-shaming ha reso questo tema molto più di dominio pubblico. Si tratta di una discussione sentita, ancora in corso. Perché qualcuno dovrebbe dare per scontato che se una donna indossa abiti succinti per Halloween, stia anche cercando di "pianificare di fare la troia, stanotte"? Molte donne approfitteranno delle festività per travestirsi in modo da mostrare la propria sessualità. Si tratta di una loro scelta e ridicolizzarle per questo, è ridicolo. Davvero vogliamo appioppare il titolo di "sgualdrina" ad una donna solo perché ha deciso di tirare fuori dall'armadio un costume da sexy infermiera? Per non parlare del fatto che i media ignorano totalmente le scelte maschili in fatto di costumi. Travestirsi da psicopatici ricoperti di sangue è totalmente lecito, mentre invece una sirena formosa risulta un problema.
Insinuare che una donna sia un "brava ragazza" dotata di sani principi perché non indossa un costume sexy e che solo le donne di facili costumi ne indossino, non fa altro che perpetuare la vecchia dicotomia puttana/vergine che scoraggia le donne nell'accettare la propria sessualità. Inoltre, non è assolutamente assurdo pretendere di conoscere la personalità di una estranea solo basandosi su ciò che indossa ad una festa in cui è permesso vestirsi come si vuole? È forse abbastanza per criticarla?
Innegabilmente, questo va ben oltre Halloween. Non è una novità, ma sono in molti quelli a prendere ancora in giro Miley Cyrus per aver ballato in modo provocante (indossando biancheria in latex) agli MTV Music Awards. Recentemente il New York Times ha pubblicato un intrigante articolo che si focalizzava sul “The Pro-Miley Backlash”. L'articolo affermava che Miley fosse "una vittima dell'attitudine puritana, quasi ipocrita, della nostra società verso il sesso e la nudità". Ciò non vuol dire investire Miley Cyrus del ruolo di modello per gli altri o sostenere che debba prostituirsi alla cultura pop, ma soltanto affermare il suo essere una donna libera, capace di prendere le proprie decisioni e dare per scontato che sia una poco di buono è totalmente non necessario.
C'è inoltre il controverso video (non censurato) della canzone Blurred Lines che ha richiamato l'attenzione del pubblico per tutta l'estate. A causa delle modelle che ballano nude (mai in modo provocante), il video e le suddette modelle sono state ridicolizzate per tutto l'internet. Senza soffermarsi troppo sulla discussione, devo però citare un blog fantastico che attacca la critica femminista al video, incolpandola di essere la vera causa dello slut-shaming in questione: “Blurring the Lines of Feminism: A Criticism of the Criticism of ‘Blurred Lines’” (l'autore si chiama Polemique). Il blog si sofferma inoltre sul problema della dicotomia puttana/vergine, citando i testi di Taylor Swift. In una canzone, infatti, la cantante insinua che una ragazza che indossa minigonna e tacchi alti è inferiore ad una che indossa delle scarpe da ginnastica, asserendo che la prima è di certo meno adatta a fare da fidanzata. Da qui lo slut-shaming. Che razza di messaggio stai mandando, signorina Swift? Pensieri interessanti, Polemique!
Lentamente, la società moderna sta abbandonando le tradizionali gender expectation e fortunatamente, anno dopo anno, una parte sempre maggiore dei media si fa sentire contro lo slut-shaming. È solo una questione di tempo, presto riusciremo a far pensare tutti in modo più aperto e a ponderare meglio le loro azioni e le loro parole. Come umani abbiamo il diritto di giudicare, ma attaccare, criticare e castigare qualcuno per le loro decisioni su come rappresentare la propria sessualità? È cattivo gusto e non fa sentire meglio di nessun'altro.
Guarda "Rose Et Bleu" e molti altri lavori della filmmaker Naomi Christie.