L'altro giorno sono stato intervistato a riguardo di uno dei miei documentari, "Of Lines And Men: the Animation of Jonathan Amitay" (dateci un'occhiata qui sotto). Mi sono messo a riflettere sui motivi alla base del mio amore per i documentari.
Certo, non mi occupo solo di quelli. Ho diversi interessi. Mi dedico a film di animazione, di sperimentazione, a disegni e dipinti . I miei documentari sono un ritratto degli artisti che stimo e apprezzo.
Nel caso del poeta Ralpg Alfonso, dell'animatore Jonathan Amitay, e dello scultore Mark Adair, non volevo solamente mostrare al mondo i loro lavori, ma anche imparare di più sul loro modo di pensare e di vivere.
Realizzare documentari è un processo lungo, c'è bisogno di molto tempo. Ed è questa la parte affascinante. Mi piace ascoltare il pensiero altrui. Essere un animatore è un processo intimo, riflessivo. Da animatore ci si ritrova spesso a riflettere, a dare vita a un film - frame dopo frame - lasciando fuori il mondo esterno.
Realizzare un documentario vuol dire lasciare la porta aperta ed essere pronti ad ascoltarli quello che il mondo ha da dirti. Un processo diametralmente opposto rispetto all'animazione, una ventata di aria fresca. Si tratta di racimolare informazioni, lentamente. Spesso non avrai bisogno della maggior parte del girato, ma non importa. Ogni singolo frame può essere importante. Il vero lavoro è il montaggio, quando il tutto viene collegato a creare un qualcosa di coerente. Non ci sono regole, ed è questo il bello.
Date un'occhiata ai miei documentari qui sotto:
Articolo originale: http://www.filmannex.com/blogs/my-documentary-impulse/201517
Traduzione dall'inglese a cura di Nadea Translations.
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