INSEGNAMENTI DI UNA CORSA IN AUTOBUS DA BAMBINO

Posted on at

This post is also available in:

Quando avevo dodici anni, sapevo perfettamente cosa volevo regalare a mia madre per Natale (molto prima che diventassi Musulmano): un bel calendario con foto di scene da tutto il mondo che avevo visto in una libreria del posto. Volevo però che fosse una completa sorpresa, quindi non potevo semplicemente accompagnarla quando usciva a fare la spesa in auto; avrebbe visto il sacchetto del negozio quando fossi rientrato in auto e avrebbe saputo dove ero stato. Avrebbe iniziato a fare domande. Decisi che avrei dovuto fare il viaggio da solo in autobus.

Ora, nei sobborghi della California dove sono cresciuto, non era strano che non fossi mai salito su un autobus prima di allora. Tutti avevano un auto. La maggior parte delle famiglie ne aveva due. Il trasporto pubblico era solo per gli anziani, i disabili e le persone molto povere e quindi si trattava di una bella impresa, dal mio punto di vista. Allora non c'era internet, quindi dovetti andare alla biblioteca locale per ottenere gli orari e le cartine e dovetti pianificare il mio ritorno in un momento in cui mia madre fosse fuori casa, in modo da poter portare in casa il suo regalo di nascosto, senza destare sospetti. E quando venne il momento, mi imbarca segretamente nella mia missione. Sembra ridicolo ora, dopo aver pianificato e fatto viaggi in tutto il mondo, ma ero nervoso.

Quando il mio autobus arrivò - con venti minuti di ritardo - cercavo di sembrare conscio delle mie azioni, mentre facevo cadere goffamente le mie monete nella scatola di vetro vicino all'autista. Cercavo di sembrare come un viaggiatore abituale, mentre tentavo di raggiungere i sedili vicini all'uscita posteriore. Mi sedetti ed iniziai a contare le fermate, cercando i punti di riferimento che mi avrebbero segnalato che era l'ora di tirare la corda che avrebbe fatto sapere al conducente di fermarsi.

Mentre sedevo, guardando con ansia fuori dal finestrino, una donna anziana mi sorrise e mi chiese se avesse potuto sedersi vicino a me. Alle prime desideravo soltanto che lei stesse zitta; temevo che mi avrebbe fatto perdere la mia fermata. Ma presto divenne chiaro che non era una pazza che parlava da sola. Voleva davvero fare conversazione con me. Se dovesse succedermi ora, il Newyorkese in me potrebbe semplicemente cambiare sedile. Per fortuna, tuttavia, ero solo un giovane dodicenne della California.

Si presentò come Margaret Coffee - "come la bevanda", disse. Non dimenticherò mai quel nome. Avrebbe dovuto avere circa 70 anni e si era autoproclamata attivista e organizzatrice di trasporti. Quando era diventata troppo vecchia per guidare, aveva iniziato a prendere autobus per andare ovunque e aveva scoperto quanto fossero inadeguati per i bisogni di persone come lei. Durante i suoi viaggi incominciava a parlare con altri viaggiatori scontenti e in un battibaleno si trovava a guidarli. Ritiratasi, viaggiava e faceva propaganda per un migliore trasporto pubblico. Era addirittura andata a Washington D.C. per testimoniare ad un'udienza del Congresso. Di certo la sua non era la pensione tranquilla "adeguata" ad una donna anziana.

Tuttavia quello che colpì il ragazzo dodicenne non furono tanto i suoi risultati - per quanto ammirevoli - quanto la sua gentilezza. Aveva trovato l'ansioso viaggiatore neofilo e voleva metterlo a suo agio - per far sì che dimenticasse l'atto di viaggiare e si potesse godere il viaggio stesso.

Al giorno d'oggi sono andato in molti posti e ho fatto molte cose. Anche io sono una specie di attivista autoproclamato. Mi impegno per un'informazione da autostrade, non per i percorsi di quarant'anni fa degli autobus locali. La mia crociata è per l'alfabetizzazione digitale, l'educazione sostenibile e la comunicazione senza confini. Tuttavia ho anche imparato che, senza confini da attraversare, non c'è viaggio degno di questo nome. Il mio è stato un viaggio lento e meticoloso sul "locale" della vita, con molti spostamenti. Non so quando sia iniziato il viaggio, ma di certo prima di quel giorno. Ciò nonostante, Margaret Coffee - "come la bevanda" - ha destato e risvegliato qualcosa nelle mie vene. E anche se non mi avesse fatto incominciare il mio viaggio, è stata lei che mi ha dato un colpetto sulla mano dicendomi, "questa è la tua fermata."

Tutti noi abbiamo delle Margaret Coffee nella nostra vita - persone che appaiono misteriosamente, ci indirizzano in una direzione e poi scompaiono. Questo non le rende però meno straordinarie. Sarei stato comunque quello che sono diventato se non fossi stato lì? Certamente. Forse, allora, ciò che è davvero notevole di Margaret Coffee è semplicemente che 40 anni dopo, molto tempo dopo che lei è venuta a mancare, e forse sono mancati anche i suoi figli, lei sia ancora seduta vicina a me nell'autobus dei ricordi, spingendomi a viaggiare il viaggio della vita ed al tempo stesso rendendolo meno stressante.

E dopo tutti questi anni, quando un giorno finalmente raggiungerò la fine, confido che lei sarà lì per dirmi, "questa è la tua feramta." Grazie, Margaret. Fino ad allora, avrò un posto a sedere per te.



About the author

Antonio-NadeaTranslations

We are an italian couple, Irene lives in Milan and Antonio in Naples. We are studying foreign languages and that's one of our greatest passions, along with cats and ethnic food.

We hope (and work hard!) to bring more and more italian people to Film Annex.

Subscribe 0
160