Difficile trovare notizie “per caso” sui Miracle Mile, duo londinese composto da Trevor Jones (omonimo del compositore sudafricano di famose colonnne sonore, tra cui quella celeberrima di “The Last of the Mohicans”) e da Marcus Cliffe. Tanto per capirsi, ancora nessuno li ha degnati di una pagina su Wikipedia, per non parlare dei loro video (inesistenti) su YouTube o delle non-recensioni sulla maggior parte delle riviste musicali in occasione del loro splendido “In Cassidy’s Care”, uscito solo qualche mese fa. Per fortuna, alla regola “maggior parte” è sfuggita una delle mie riviste di musica on-line preferite che ha attribuito alla band e al loro album il giusto merito e rilievo, facendomeli conoscere e soprattutto amare. La speranza è che, nel mio piccolo, anzi nel mio microscopico, riesca a farli conoscere a qualche altro appassionato di musica capitato da queste parti.
Partiamo innanzitutto dal titolo: cosa significa “In Cassidy’s Care”? Chi meglio di Trevor Jones, autore dei testi e cantante, può spiegarcelo? Come si legge dal loro sito ufficiale:
“Un mio buon amico, chiamiamolo ‘Cassidy’ per comodità, stava avendo dei problemi. La sua vita era arruffata come il proprio aspetto e stava andando a pezzi. Doveva parlarne con qualcuno, ma non accettava consigli (…). Che cosa fare? Ho pensato di scrivergli una lettera. Oggigiorno nessuno scrive più lettere, così forse una corrispondenza epistolare l’avrebbe toccato nel vivo, avrebbe potuto trarne degli spunti. Così ho scritto la sua storia, dettagliando le cose nel modo più oggettivo possibile, cosicché potesse vedere meglio la sua situazione e superarla. Ma, stranamente, mentre continuavo a scrivere, questa lettera ad un amico è diventata qualcos'altro, un lavoro di fantasia. Ho avuto in mente un titolo, ‘In Cassidy’s Care’, e ben presto la cosa ha preso il suo slancio (…).”
Dunque, come spesso accade nel mondo dell’arte, un’esperienza reale è diventata lo spunto per 12 bellissimi quadri musicali che abbracciano vari temi di vita vissuta.
Dal punto di vista musicale, siamo dalle parti dei Blue Nile, dei Prefab Sprout, dei Crowded House, dell’Elvis Costello nella veste di pacato “songwriter d’autore”, quello che prediligo (vedi album come “Imperial Bedroom” e “Painted From Memory”, scritto insieme al grande Burt Bacharach): in poche parole, si tratta di un pop sofisticato, con orchestrazioni e arrangiamenti mai fini a se stessi, e un cantato molto preciso, con parole ben scandite, senza fretta, per la voglia e la necessità di fare arrivare il testo della canzone con precisione, anche ad un pubblico di madrelingua non inglese.
Il bilancio e la classifica personale di tutto quello che mi è passato dalle orecchie nel 2013 li farò, come sempre, alla fine dell’anno, anche perché mi aspetto che escano altri bei dischi da qui a dicembre. Tuttavia, per quanto ho ascoltato “In Cassidy’s Care” in questi mesi e per le belle sensazioni positive che tuttora, dopo decine e decine di ascolti, provo (“enjoy” è proprio il verbo giusto che non rende bene l’idea in italiano), posso già senz’altro candidarlo a uno dei miei dischi preferiti del 2013.
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